I relatori del convegno

Accompagnati da relatori d'eccezione, l’8 aprile analizzeremo i recenti sviluppi del crowdfunding in Italia, cercheremo di capire come e perché sia uno strumento utile allo sviluppo del terzo settore, ascolteremo casi studio ed esperienze dalla viva voce di professionisti del mondo non profit.  Di seguito puoi scoprire una breve anteprima dei loro contributi.



Partendo dall’esperienza professionale sviluppata da Ginger, approfondiremo come il gestore di una piattaforma di crowdfunding possa diventare partner di ogni progettista, promuovendo conoscenza e condividendo il rischio di insuccesso. Ma anche primo alleato di tutte le realtà, pubbliche e private, che vogliano utilizzare il crowdfunding per sostenere il terzo settore, e interlocutore a cui tutti i donatori possono rivolgersi.

Nel corso dell’intervento rifletteremo quindi su come lavorare per costruire una sana e forte cultura del crowdfunding significhi rendere ancor più sana e forte la cultura del fundraising.


Oggi, senza violare alcuna norma, di fatto chiunque può chiedere denaro sul web in modo semplice e non mediato, proponendo un obiettivo più o meno personale senza che sia verificata la veridicità delle argomentazioni usate per la call to action. 
Questo fenomeno tende ad allineare sul medesimo piano raccolte fondi che hanno natura molto diversa, come quelle proposte da singoli individui e quelle proposte da enti credibili e certificati. Le conseguenze di “scandali” o “casi mediatici” che possano derivare da un uso poco disciplinato di questi strumenti rischiano di rendere poco credibili le raccolte fondi in quanto tali, arrecando grave danno alle organizzazioni del Terzo settore che vivono grazie alle solidarietà dei donatori. Occorre quindi che le piattaforme si attrezzino per distinguere ciò che è per natura diverso.



Il primo passo è sempre stato quello di offrire agli enti no profit l’opportunità di conoscere lo strumento e imparare a sviluppare un progetto efficace, grazie anche al supporto e alla professionalità di Ginger Crowdfunding. Per noi un terzo settore forte e pronto ad affrontare le sfide del momento è rappresentativo di un territorio più ricco, coeso e attento alle esigenze di tutti. Ad oggi sono oltre 100 le campagne pubblicate su Ideaginger.it grazie al contributo della banca, tutte con un tasso di successo del 100%. I risultati del lavoro svolto finora sono indicativi di quanto il crowdfunding rappresenti un’occasione per reperire fondi, ma soprattutto per misurarsi con il territorio, per crescere incentivando l’uso di nuove competenze digitali e sollecitando la partecipazione della comunità. Emil Banca vuole continuare ad investire in questo strumento di finanza alternativa per offrire ad una platea sempre più ampia di realtà la possibilità di realizzare tante campagne di raccolta fondi di successo.


Perché il crowdfunding “stressa” l’organizzazione, in un tempo relativamente breve, su alcuni elementi chiave per l’intero percorso di fundraising: la bontà e concretezza di una buona causa, l’esistenza di una community attiva, la capacità di mettere in campo una comunicazione multi canale e multi target, la “tenuta” organizzativa, la ricerca ed il coinvolgimento di alleati – dalla governance, ai volontari - il donor care e la fidelizzazione dei donatori. Il crowdfunding “costringe” l’organizzazione a verificare e a mettere in campo tutto questo. Difficile? Sicuramente si. Una campagna di crowdfunding concepita come una porta di accesso al fundraising non si può improvvisare. Ma l’esperienza mostra che, terminata una campagna di crowdfunding, ciò che resta all’organizzazione non sono solo i fondi raccolti. Resta il metodo acquisito che, dal giorno dopo può essere ripetuto su ogni altra strategia. Ma ancor più importante, rimangono i donatori che si sono attivati, che si sono sentiti coinvolti con un progetto, che si sono sentiti alleati in una sfida, che sono stati ringraziati e ai quali è stato restituito il valore di quello che insieme si è costruito.

In ultimo, ma non ultimo per importanza, il crowdfunding realizza un vero e proprio passaggio culturale all’interno delle organizzazioni. Abbassa le resistenze interne al “chiedere”. Facilita l’organizzazione ad esplicitare un bisogno, a comunicarlo in modo semplice e sincero. Il chiedere smette di essere segno di debolezza e diventa improvvisamente un gesto autentico di corresponsabilità su un obiettivo ed una sfida comune. Passaggi culturali impercettibili, ma che nel lungo periodo lasciano il segno.


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